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Considerazioni sulla natura giuridica della reppublica sociale Italiana

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Fiamma nera
view post Posted on 4/1/2009, 18:31




La natura giuridica della Repubblica Sociale Italiana

Presentiamo qui un interessante documento su La natura giuridica della Repubblica Sociale Italiana dell'Associazione Identità, contenente una serie di considerazioni proprio sulla costituzionalità di quella che fu per davvero la Prima Repubblica Italiana.

L'Associazione Identità è un'associazione politico-sociale-culturale di Mestre in provincia di Venezia; potete eventualmente contattarla al seguente indirizzo E-mail.

ALCUNE CONSIDERAZIONI IN MERITO ALLA NATURA GIURIDICA DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA.

A seguito dell'insabbiamento, durante la XIV legislatura, della proposta di legge di iniziativa parlamentare che voleva estendere a coloro che militarono nella Repubblica Sociale Italiana (1) la qualifica (2) di belligeranti, è tornata in auge la tematica della collocazione storico-giuridico-politica dello Stato Fascista Repubblicano. Il Parlamento nazionale, non prendendo in opportuna considerazione il progetto legislativo de quo, ha ignorato palesemente il dispositivo contenuto nella nota sentenza del 26 aprile 1954 n.747 (3) emessa dal Supremo Tribunale Militare Italiano con la quale "veniva risolta l'annosa mistificazione che invertiva la posizione giuridica tra Soldati regolari e guerriglieri" ma, soprattutto, eliminava "una farneticante assurdità ossia il mancato riconoscimento" dello status di "Combattente a chi aveva militato nelle FF.AA della Repubblica Sociale Italiana" (4).

Personalmente non condivido, poiché non ancorata ad alcun dato positivo, la tesi sostenuta da alcuni costituzionalisti (Balladore Pallieri, Gueli) secondo la quale la R.S.I. altro non fu se non uno Stato-fantoccio, presupposto indispensabile per l'occupazione militare tedesca nell'Italia centro-settentrionale. Su questa linea, si è posizionata la maggior parte degli storici contemporanei che vede nell'ordinamento di Salò un vero e proprio regime collaborazionista dei nazisti, incapace di attuare quel programma socialisteggiante propugnato durante il congresso di Verona del novembre 1943. Ma, in realtà, ci troviamo innanzi ad un'impostazione di parte, coniata dalla ideologia della resistenza, e non aderente alla realtà dei fatti.

Sul piano storico, ha osservato un insigne costituzionalista quale il prof.Livio Paladin, "sono esistiti ed esistono tutt'oggi i più vari regimi fondati sull'appoggio di altri Stati, che tuttavia mantenevano e mantengono una loro originarietà ed indipendenza" (5).

In primo luogo, le norme promanate dalle fonti di produzione del diritto della Repubblica Sociale Italiana, durante il biennio 1943-1945, hanno sempre ottenuto media obbedienza da parte di coloro che operavano negli ambiti spazio-territoriali del governo repubblicano a riprova, come confermato dalla teoria generale del diritto, della effettività dell'ordinamento giuridico in questione o meglio, in altri termini, della validità giuridica delle sue disposizioni normative; aspetto difficilmente realizzabile in seno ad uno Stato a sovranità puramente teorica.

In secondo luogo, è significativo come il III Reich tedesco abbia riconosciuto diplomaticamente, e non solo sul piano formale, la Repubblica Sociale di Benito Mussolini attuando un reale scambio di ambasciatori (a Berlino, andò Filippo Anfuso dopo essere stato richiamato dalla sede diplomatica di Budapest; per il governo di Salò, si insediò Rudolph Rahn già ambasciatore tedesco a Roma) segno evidente e tangibile della non volontà di considerare la R.S.I. una semplice "longa manus" dello Stato tedesco.

In terzo ed ultimo luogo, va evidenziato il fatto che il riconoscimento, sul piano internazionale, accordato alla Repubblica Sociale Italiana, non provenne unicamente dagli Stati alleati alle potenze dell'Asse quali Romania, Bulgaria, Ungheria, Thailandia, Birmania, Filippine etc, ma anche da parte di realtà ordinamentali neutrali come il Vaticano, la Repubblica di S.Marino e la Svizzera. A ciò, si aggiungano le amichevoli relazioni tra Salò ed il governo di Buenos Aires (Argentina) (6), soprattutto per la consistente e produttiva presenza italiana nel territorio sudamericano.

A questo punto, dopo aver demolito, con argomentazioni chiare e precise, la tradizionale ed errata visione dello Stato Nazionale Fascista Repubblicano, risulta necessario chiarire la qualificazione di suddetta realtà alla luce degli elementi giuspubblicistici di cui oggi disponiamo.

La definizione più corretta è sicuramente quella che vede nella restaurazione mussoliniana a Salò, un governo locale di fatto (Saverio Giannini). Infatti, se è vero che non si può parlare di Stato nell'accezzione moderna del termine in quanto il nuovo ordinamento fascista si caratterizzava per una sovranità limitata e circoscritta ad una porzione del territorio italiano (la parte rimanente era soggetta alla pseudo-sovranità del Regno del Sud), è anche vero come, dati alla mano, non si può negare la presenza di un apparato esecutivo-amministrativo-legislativo, munito di Dicasteri abilmente distribuiti (7) nell'ambito del proprio territorio per un maggior controllo dello stesso (la Presidenza del Consiglio a Bogliaco, il Ministero dell'Interno a Maderno, il Ministero della Difesa a Cremona, il Ministero delle Corporazioni e dell'Economia a Verona, il Ministero dell'Agricoltura a Treviso etc….) ed in grado, anche se in maniera non sempre piena, di coordinare la propria azione politica con le iniziative militari della Wehrmacht.

A sostegno di quanto ora affermato, si può portare, a titolo esemplificativo, il tentativo di avvio, da parte della Repubblica Sociale, di un grande programma di socializzazione, non completamente attuato a causa degli interessi bellico-militari delle autorità germaniche, ma volto a ridefinire prepotentemente ed in maniera radicale i rapporti tra capitale e lavoro e tra economia e Stato: la ripartizione degli utili dell'impresa tra fondo di riserva (a favore dei lavoratori) e capitale azionario, la partecipazione dei lavoratori stessi ai consigli di gestione delle fabbriche ecc (8).

Inoltre, esiste anche un dato giuridico-amministrativo inoppugnabile che confermerebbe il carattere realmente governativo e sovrano della Repubblica di Salò: il D.lgs.lgt (ossia Decreto legislativo luogotenenziale) 5 ottobre 1944 n.249 sull'assetto della legislazione nei territori liberati (o dovremmo forse dire occupati con il tradimento), ha salvato la validità e l'efficacia degli atti di ordinaria amministrazione della R.S.I., perché privi di motivazioni ed implicazioni politiche, differenziando, de facto, gli atti del governo repubblicano mussoliniano in ragione del loro grado di politicità (9). Dunque non è propriamente corretto sostenere che il solo continuatore dello Stato italiano fu il Regno del Sud dal momento che il riconoscimento dell'attività amministrativa della Repubblica Sociale Italiana risulterebbe sintomatico della presenza di una realtà governativa pienamente sovrana nel proprio territorio ed espressione di coloro i quali non vollero riconoscersi nel contradditorio governo prima del generale Pietro Badoglio, poi, a seguito del Patto di Salerno dell'aprile 1944 (10), di Bonomi (11).

Infine, a conferma di quanto il fascismo repubblicano non si considerasse un mero esecutore delle volontà germaniche ma protagonista attivo nella ricostruzione e nella salvezza dell'Italia dopo il vile tradimento di Casa Savoia (12), è opportuno ricordare l'annotazione, in data 17 settembre 1943, del Ministro della Propaganda tedesca, Joseph Goebbles, laddove mette in evidenza il ferreo convincimento del Duce non solo di ricostituire il partito fascista e porre le fondamenta per la ricostruzione dello Stato partendo dal più basso gradino amministrativo ma anche il grande proposito di convocare un'Assemblea Costituente (13) che avrebbe delineato la nuova forma di Stato e di Governo della Repubblica Sociale Italiana (14).

A guerra terminata (settembre 1945), i Costituenti, riunitisi, per la prima volta, il 22 giugno 1946 e chiamati a redigere la Carta Costituzionale del nuovo ordinamento repubblicano in conformità al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, non seppero tener conto di questa dicotomia istituzionale comportante una netta ed evidente divisione di sovranità tra due realtà governative opposte ma operanti, entrambe, all'interno del territorio nazionale italiano nell'arco di tempo compreso tra il mese di settembre 1943 ed il mese di aprile 1945. Sono state le forze politiche che si riconoscevano nel Comitato di Liberazione Nazionale a rovesciare il dato storico, facendo prevalere non la verità dei fatti ma unicamente la forza dell'ideologia antifascista.

La stessa Costituzione nel sancire, all'art.3 primo comma, il principio di eguaglianza formale implicante il divieto di discriminazioni "di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali" impedisce alle azioni positive ed ai provvedimenti legislativi di divenire, a loro volta, fonte di ingiustizia, dando luogo a casi di "discriminazione all'incontrario" (la c.d. reverse discrimination secondo la famosa espressione coniata dalla giurisprudenza costituzionale americana della Corte Suprema (15)) proprio come nella fattispecie di cui all'inizio della presente trattazione, dal momento che il legislatore nazionale ha optato per la non estensione ai militanti nelle Brigate Nere, nelle file dell'Esercito Repubblicano, nella Guardia Nazionale e nella gloriosa X Flottiglia Mas, decisi a riscattare l'infamia del tradimento del 25 luglio 1943, lo status giuridico di combattenti a cui giustamente e doverosamente riconoscere i benefici già riservati a coloro che militarono all'interno dell'intoccabile fenomeno resistenziale.

Ma l'elogio più alto, meno retorico e più autentico dello Stato Fascista Repubblicano, la vera punta di orgoglio dei reduci, venne da uno dei suoi più audaci sostenitori: Alessandro Pavolini (1903-1945), segretario del partito fascista repubblicano e già Ministro della Cultura Popolare dal 1939 al 1943, ma, soprattutto, insigne teorico di quello che lo storico, Renzo De Felice, definì "il culto della coerenza": la Repubblica Sociale era "nata nella tragedia" ma anche nella "purezza" dell'animo "di chi si getta nella mischia e prende partito senza calcolo alcuno delle probabilità".
(1) La denominazione "Repubblica Sociale Italiana" venne utilizzata, per la prima volta, il 25 novembre del 1943. I termini precedentemente adoperati nel trimestre settembre-novembre 1943, erano i più vari: Stato Fascista Repubblicano, Stato Nazionale Fascista etc.
(2) Da rilevare come la qualifica in oggetto, era stata già riconosciuta, in sede internazionale, dal Tribunale Alleato.
(3) Per il contenuto della pronuncia in esame, si veda il mensile Nuovo Fronte. N.218/2002, pp.8-9.
(4) Le citazioni tra virgolette sono riprese sempre dalla rivista Nuovo Fronte, op.cit.
(5) Cfr., Paladin L., Diritto Costituzionale. Padova. Cedam. 1998, p.93.
(6) Per un'indagine scrupolosa ed attenta in tema di contatti diplomatici tra R.S.I. ed Argentina, si legga l'interessantissimo saggio di Turriani E., Le relazioni tra la R.S.I. e l'Argentina, in Nuova Storia Contemporanea. Firenze. Le Lettere. N.4/2006, pp. 69-86. A questo proposito, ricordo che, il 21 gennaio 1944, il Duce inviò al generale Ramirez "le più sincere condoglianze e l'espressione della più profonda simpatia a nome della Repubblica Sociale Italiana per la sventura che ha dolorosamente colpito, con il terremoto di an Juan, l'amica Nazione Argentina"; segno tangibile del sincero legame cameratesco tra due grandi paesi.
(7) Sulla collocazione dei singoli ministeri, si veda Oliva G., La Repubblica di Salò. Firenze. Giunti, pp.22-24.
(8) Per una sintetica analisi del programma di socializzazione durante la Repubblica Sociale Italiana, si veda Palla M., Mussolini ed il fascismo. Firenze. Giunti. 1996, pp.136-139.
(9) Si riporta la notizia a conferma di come il crollo della Repubblica Sociale Italiana non ha reso giuridicamente inesistenti gli atti compiuti dai suoi organi. A riguardo, si veda Paladin L., Diritto Costituzionale, op.cit., p.94.
(10) Il Patto di Salerno costituisce l'inizio di quella che fu chiamata "tregua istituzionale": i partiti politici che si riconoscevano nel C.L.N. decisero, a guerra conclusa, di convocare un'Assemblea Costituente sospendendo fino ad allora la c.d. questione istituzionale cioè la scelta tra monarchia e repubblica.
(11) Il Governo Bonomi si insediò il 18 giugno 1944, prendendo il posto del Governo Badoglio in carica dal 25 luglio 1943. Quest'ultimo utilizzò in maniera illegale ed illegittima la decretazione legislativa d'urgenza per sovvertire il sistema costituito in quanto, avendo sciolto la Camera dei Fasci e delle Corporazioni con decreto-legge 2 agosto 1943 n.705, si rendeva impossibile la convocazione del Senato; e poiché i decreti-leggi perdono e perdevano efficacia ex tunc se non convertiti in legge da entrambe le Camere (stante il principio del bicameralismo perfetto espresso all'art.48 dello Statuto Albertino allora in vigore) nel termine perentorio di 60 giorni, i medesimi poterono avere esecuzione solo extra ordinem ossia al di fuori delle previsioni dell'ordinamento vigente.
(12) In merito al ruolo attivo del partito fascista repubblicano, si legga attentamente l'opera di Graziani R., Una vita per l'Italia. "Ho difeso la mia patria". Milano. Mursia. 1946.
(13) I famosi 18 punti di Verona, in data 17 novembre 1943, delinearono comunque le linee essenziali e basilari della struttura statale e governativa della Repubblica Sociale Italiana.
(14) Si veda, in merito, l'opera di Goebbles, "Diario Intimo" p.606 e ss.
(15) In merito, si può analizzare il contributo di Bin R., Diritto Costituzionale. Torino. Giappichelli.


 
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